Tessera 43

Verso una nuova Comfort Zone: come il coaching supporta le organizzazioni e gli individui nel farlo

Molti di noi professionisti del mondo organizzativo ricorrono, in aula o nei percorsi di Executive Coaching, a modelli che consentano, attraverso l’immagine grafica, una migliore comprensione di dinamiche e comportamenti umani e organizzativi.

Uno di questi modelli è la Comfort Zone o Zona di Comfort la cui paternità o maternità è di difficile attribuzione ma su cui sono state scritte molte pagine e che possiamo definire come lo stato in cui l’individuo o l’organizzazione agiscono utilizzando l’abituale set di competenze per performare al meglio in un clima di agio o di minimo rischio.

Ciò che spieghiamo di solito al manager o executive, in aula o in coaching, è come questa sia una zona in cui l’apprendimento è basso o addirittura zero e come per crescere e migliorare  sia  utile e necessario avventurarsi al di fuori della CZ per porsi nuovi traguardi, applicare nuovi approcci, acquisire nuove competenze  e ricreare nel tempo una comfort zone più ampia.

Nella normalità si può scegliere di uscire dalla CZ ( per esempio quando accettiamo una promozione o quando decidiamo di lasciare un’organizzazione per un’altro incarico ) ma altre volte siamo costretti ad uscirne, abbandonando le nostre certezze per ritrovarci catapultati in una realtà che non conosciamo e che non è ancora decifrabile.

L’esperienza della Pandemia ci ha gettati al di fuori della CZ improvvisamente e ci troviamo oggi, a diversi livelli, in una zona grigia, di transizione che non è più ciò che conoscevamo e gestivamo al meglio ma che ancora non è diventata abituale. Una zona grigia dove dobbiamo convivere con l’ansia, la paura e lo stress che ne deriva.

Ma come abbiamo appreso dalla storia e come spesso è stato ripetuto in questi giorni, abbiamo le risorse come individui, come organizzazioni e come società  per farlo. Dobbiamo andare avanti, apprendere, crescere e progredire.

Ma come attraversare la zona grigia che precede quella nuova, in cui torniamo a sentirci a nostro agio, in cui siamo più sereni e più capaci di gestire le sfide quotidiane?

Vorremmo proporre ciò che accade nel coaching come similitudine. Ogni percorso di coaching è un percorso di crescita e sviluppo ed è spesso utilizzato per aiutarsi ad  uscire dalla propria Comfort Zone o per gestire l’ uscita improvvisa dalla stessa; esattamente quello che sta accadendo adesso.

Spesso all’inizio di un percorso applichiamo la visione sistemica allo scenario in cui si muove quel dato manager o executive , per comprendere le dinamiche fra il suo e gli altri sistemi con cui dialoga quotidianamente. Questo serve per aggiornarne la mappa e illuminarne tutti gli elementi per poi, eventualmente,  escludere o integrare nuove relazioni e quindi nuove dinamiche da comprendere e imparare a gestire.

In ogni percorso di coaching c’è  anche un momento in cui fare l’inventario delle competenze , recuperare approcci e strategie che hanno funzionato bene in passato. Se pensiamo per qualche minuto all’ultima grande difficoltà, pandemia esclusa, a cui ci siamo trovati di fronte possiamo ritrovare la memoria di ciò che abbiamo messo in campo ed ha funzionato,  partire da lì, capendo se sia ancora applicabile, come individui o come organizzazioni.

Sempre nel coaching c’è un momento in cui proviamo a  guardare a strategie vincenti usate da altri e applicabili al nostro contesto. Le Best Practices che funzionano, che possono essere replicate o riadattate.

Altro aspetto decisivo è l’auto-osservazione per aiutarci a comprendere quali schemi di pensiero e approcci possano limitarci nella nuova situazione o possano invece accelerarne la gestione e la soluzione; acquisire consapevolezza di  cosa sia nella nostra sfera di controllo e cosa invece non lo sia, per concentrare le nostre energie e sforzi su ciò che possiamo realisticamente cambiare.

Riassumendo potremmo dire che una visione sistemica, la consapevolezza delle nostre risorse e di ciò che rientra nella nostra sfera di controllo, delle capacità e competenze, il prendere spunto da ciò che vediamo ben funzionare in altri contesti ed una costante auto osservazione, possono generare la fiducia necessaria per andare verso il futuro pur navigando in acque turbolente, quando possiamo  non riuscire a trovare la rotta avendo smarrito tutti i riferimenti.

“Il miglior modo per predire il futuro è crearlo”  (Abramo Lincoln)

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